STORIA
Mollusco allo stato vivo, allevato in appositi impianti situati lungo la costiera triestina le cui prime notizie di allevamenti di mitili nel Golfo di Trieste risalgono al 1732 quale sottoprodotto delle più importanti e remunerative colture di ostriche. Più che un allevamento vero e proprio, si trattava di un attecchimento spontaneo dei molluschi su pali e rami infilzati sul fondo marino delle valli di Servola e Zaule. Certamente questa attività era antecedente al 1700 e probabilmente praticata gia al tempo dell'impero romano.
Alla fine dell'ottocento, grazie all'attività della Società austriaca di pesca e piscicoltura marina, che favorì l'implementazione di nuovi sistemi colturali dell'ostrica con la creazione razionale di parchi “alla francese” impiegando pali di rovere, indirettamente incrementò anche la produzione dei mitili del Golfo che, proprio per la loro abbondanza, finirono per avere un peso anche economico rilevante sull'attività.Nei primi anni del 1900, problemi culturali dovuti a convinzioni, nate dopo alcuni casi di disturbi gastrici avvenuti nell'Impero Austro-Ungarico, che le ostriche fossero apportatrici di malattie infettive e la contemporanea apertura di una raffineria di petrolio nella valle di Zaule, segnarono il declino della ostricoltura e di conseguenza della mitilicoltura triestina.La ripresa della produzione di mitili su vasta scala avvenne dopo la fine della prima guerra mondiale quando, con l'integrazione di queste terre all'Italia, la richiesta di questi molluschi aumentò. Ciò comportò un recupero dell'allevamento, che divnne la fonte di reddito principale di diversi pescatori.Intorno agli anni venti, per opera di uno spezzino trapiantato a Trieste dal vicino canale di Leme in Istria, dove alcuni anni prima aveva iniziato una coltura di mitili su pali, il settore della mitilicoltura come attività principale e redditizia decollò.
In questo periodo, per la costruzione degli impianti si usavano pali di legno, solitamente di rovere, conficcati per circa due metri nel fondo marino tramite un grosso peso che manualmente veniva battuto sulla testa dei pali. I pali erano uniti a pelo d'acqua da un reticolo di funi vegetali chiamate ventie, che venivano cambiate annualmente in quanto marcibili e rapidamente deteriorabili. Appese a queste ventie venivano poste, perpendicolarmente, le “reste” costituite anch'esse da fibre vegetali di un passo e mezzo di lunghezza (circa 3 metri), nelle quali venivano inserite delle “ciope” (grappoli) di mitili. Negli anni trenta, gli allevamenti si trasferirono sempre più nelle zone costiere periferiche di Trieste, e di Muggia . Altri Spezini tra il 1930 ed il 1935 iniziarono tale attività presso le foci del Timavo.
Dopo la metà degli Anni '50, con l'arrivo di una cinquantina di famiglie istriane al Villaggio del Pescatore, la mitilicoltura della zona ebbe uno sviluppo esplosivo, tanto che nel 1972 l'attività produceva circa 60.000 quintali e impiegava in continuo circa 200 addetti. Risale a questo periodo la tradizione delle mussolere, i banchetti triestini dove si vendevano i mussoli (molluschi) – soprattutto pedoci (cozze) ma anche ostrighe (ostriche) – cotti su un fornello e consumati caldi sul posto. Spesso le mussolere erano collocate nei pressi delle rivendite di vino, in modo tale che gli avventori potessero “annaffiare” lo spuntino.Nel 1973 gli episodi di colera, verificatisi in molte città italiane misero in ginocchio il settore e molti mitilicoltori si riconvertirono alle altre attività legate al mare.Questo tracollo fu seguito da una serie di innovazioni nel settore come la sostituzione dei vecchi impianti su pali con impianti flottanti e l'adozione di nuovi metodi di innesto (calze).
Questo nuovo metodo di sviluppo lungo la costa prospiciente i comuni di Trieste e di Duino Aurisina, (da Grignano a Sistiana) e a Punta Sottile nel comune di Muggia .Negli Anni '80, la produzione passo dai circa 30.000 q a circa 85.000 q, e le impiegate nel settore passarono da circa 50 a più di 200 persone.Attualmente la mitilicoltura triestina, che per anni produsse grosse quantità di mitili tra le più affermate nel mercato italiano sta subendo la forte concorrenza di produzioni straniere.
Note storiche:- BUSSANI M., 1983 - Guida pratica di mitilicoltura. Ed Edagricole, Bologna.- BUSSANI M., 1996 - Pedoci, cozze, muscoli, mitili dal mare in cucina a Trieste.- D'ERCO R, 1863 - Sulla coltura dei pidocchi. Tipografia Lloyd Austriaco, Trieste.- VESNAVER R., OREL G., 2001- Golfo di Trieste e dintorni: pesca, acquacoltura e curiosità dei tempi andati. Progetto Pilota sulla gestione delle zone di produzione ittica del Golfo di Trieste, Azienda speciale ARIES, Trieste.
Alla fine dell'ottocento, grazie all'attività della Società austriaca di pesca e piscicoltura marina, che favorì l'implementazione di nuovi sistemi colturali dell'ostrica con la creazione razionale di parchi “alla francese” impiegando pali di rovere, indirettamente incrementò anche la produzione dei mitili del Golfo che, proprio per la loro abbondanza, finirono per avere un peso anche economico rilevante sull'attività.Nei primi anni del 1900, problemi culturali dovuti a convinzioni, nate dopo alcuni casi di disturbi gastrici avvenuti nell'Impero Austro-Ungarico, che le ostriche fossero apportatrici di malattie infettive e la contemporanea apertura di una raffineria di petrolio nella valle di Zaule, segnarono il declino della ostricoltura e di conseguenza della mitilicoltura triestina.La ripresa della produzione di mitili su vasta scala avvenne dopo la fine della prima guerra mondiale quando, con l'integrazione di queste terre all'Italia, la richiesta di questi molluschi aumentò. Ciò comportò un recupero dell'allevamento, che divnne la fonte di reddito principale di diversi pescatori.Intorno agli anni venti, per opera di uno spezzino trapiantato a Trieste dal vicino canale di Leme in Istria, dove alcuni anni prima aveva iniziato una coltura di mitili su pali, il settore della mitilicoltura come attività principale e redditizia decollò.
In questo periodo, per la costruzione degli impianti si usavano pali di legno, solitamente di rovere, conficcati per circa due metri nel fondo marino tramite un grosso peso che manualmente veniva battuto sulla testa dei pali. I pali erano uniti a pelo d'acqua da un reticolo di funi vegetali chiamate ventie, che venivano cambiate annualmente in quanto marcibili e rapidamente deteriorabili. Appese a queste ventie venivano poste, perpendicolarmente, le “reste” costituite anch'esse da fibre vegetali di un passo e mezzo di lunghezza (circa 3 metri), nelle quali venivano inserite delle “ciope” (grappoli) di mitili. Negli anni trenta, gli allevamenti si trasferirono sempre più nelle zone costiere periferiche di Trieste, e di Muggia . Altri Spezini tra il 1930 ed il 1935 iniziarono tale attività presso le foci del Timavo.
Dopo la metà degli Anni '50, con l'arrivo di una cinquantina di famiglie istriane al Villaggio del Pescatore, la mitilicoltura della zona ebbe uno sviluppo esplosivo, tanto che nel 1972 l'attività produceva circa 60.000 quintali e impiegava in continuo circa 200 addetti. Risale a questo periodo la tradizione delle mussolere, i banchetti triestini dove si vendevano i mussoli (molluschi) – soprattutto pedoci (cozze) ma anche ostrighe (ostriche) – cotti su un fornello e consumati caldi sul posto. Spesso le mussolere erano collocate nei pressi delle rivendite di vino, in modo tale che gli avventori potessero “annaffiare” lo spuntino.Nel 1973 gli episodi di colera, verificatisi in molte città italiane misero in ginocchio il settore e molti mitilicoltori si riconvertirono alle altre attività legate al mare.Questo tracollo fu seguito da una serie di innovazioni nel settore come la sostituzione dei vecchi impianti su pali con impianti flottanti e l'adozione di nuovi metodi di innesto (calze).
Questo nuovo metodo di sviluppo lungo la costa prospiciente i comuni di Trieste e di Duino Aurisina, (da Grignano a Sistiana) e a Punta Sottile nel comune di Muggia .Negli Anni '80, la produzione passo dai circa 30.000 q a circa 85.000 q, e le impiegate nel settore passarono da circa 50 a più di 200 persone.Attualmente la mitilicoltura triestina, che per anni produsse grosse quantità di mitili tra le più affermate nel mercato italiano sta subendo la forte concorrenza di produzioni straniere.
Note storiche:- BUSSANI M., 1983 - Guida pratica di mitilicoltura. Ed Edagricole, Bologna.- BUSSANI M., 1996 - Pedoci, cozze, muscoli, mitili dal mare in cucina a Trieste.- D'ERCO R, 1863 - Sulla coltura dei pidocchi. Tipografia Lloyd Austriaco, Trieste.- VESNAVER R., OREL G., 2001- Golfo di Trieste e dintorni: pesca, acquacoltura e curiosità dei tempi andati. Progetto Pilota sulla gestione delle zone di produzione ittica del Golfo di Trieste, Azienda speciale ARIES, Trieste.
PROCESSO DI PRODUZIONE
I mitili, grazie all'abbondante riproduzione spontanea,attecchiscono naturalmente ed in notevole quantità su tutte le aree adiacenti aquelle di produzione ed in particolare sugli impianti di allevamento,permettendo in questo modo un auto reclutamento normalmente sufficiente per lacapacità produttiva degli impianti.
Il ciclo produttivo ha inizio nel periodo autunnale, dopo circa tre mesidalla fase di attecchimento, con la pulizia delle ventie, dei barili e dellecorde di ancoraggio degli impianti. Le corde dei vivai sono ricoperte digiovani mitili, con dimensioni in genere comprese tra un centimetro e duecentimetri e mezzo.La fase di lavorazione del novellame consiste nel raccoglieredalle corde dell'impianto i piccoli mitili raggruppati tramite una operazionemanuale e delicata, per poi stoccarli in ceste e depositarli su unapposito tavolo da lavoro chiamato “sana” posizionato sul ponte di copertadelle barche di mitilicoltura. Tale lavorazione viene fatta a bordo e ad unagiusta altezza di lavoro grazie al sollevamento idraulico delle ventie e deibarili per mezzo di appositi archetti laterali o bighi.
Fase di innesto Raccolto il seme , si procede alla“incalzatura” o innesto del seme nelle reste, nella quantità di circa 4-5kg di prodotto per resta. Utilizzando dei tubi plastici di diametroadeguato (di solito da 60 – 70 mm) e lunghi un metro, i qualifungono da guida alle reti tubolari, si inseriscono le calze di 4 metri dilunghezza, terminanti con un nodo ed una parte di rete utilizzata per l'aggancio alle ventie di circa 30 cm. I piccoli grappoli di mitili nel tubovengono spinti nel tubo guida fino al suo riempimento. Dopo aver sfilatoi tubi dalle calze, la reti contenenti i mitili vengono legate allaventia in numero e distanza considerati adeguati. Terminato un campo, si passaa quello successivo e così via. La lavorazione così descritta continua finoalla completa pulizia degli impianti che, per dimensionamento e abbondanza diprodotto, può durare anche diversi mesi.Nel periodo invernale o primaverile,raggiunto il giusto grado di maturità del prodotto, si provvede al reinnestodel II° ciclo in reste con calze di rete a maglia e diametro maggiore.
Il ciclo produttivo ha inizio nel periodo autunnale, dopo circa tre mesidalla fase di attecchimento, con la pulizia delle ventie, dei barili e dellecorde di ancoraggio degli impianti. Le corde dei vivai sono ricoperte digiovani mitili, con dimensioni in genere comprese tra un centimetro e duecentimetri e mezzo.La fase di lavorazione del novellame consiste nel raccoglieredalle corde dell'impianto i piccoli mitili raggruppati tramite una operazionemanuale e delicata, per poi stoccarli in ceste e depositarli su unapposito tavolo da lavoro chiamato “sana” posizionato sul ponte di copertadelle barche di mitilicoltura. Tale lavorazione viene fatta a bordo e ad unagiusta altezza di lavoro grazie al sollevamento idraulico delle ventie e deibarili per mezzo di appositi archetti laterali o bighi.
Fase di innesto Raccolto il seme , si procede alla“incalzatura” o innesto del seme nelle reste, nella quantità di circa 4-5kg di prodotto per resta. Utilizzando dei tubi plastici di diametroadeguato (di solito da 60 – 70 mm) e lunghi un metro, i qualifungono da guida alle reti tubolari, si inseriscono le calze di 4 metri dilunghezza, terminanti con un nodo ed una parte di rete utilizzata per l'aggancio alle ventie di circa 30 cm. I piccoli grappoli di mitili nel tubovengono spinti nel tubo guida fino al suo riempimento. Dopo aver sfilatoi tubi dalle calze, la reti contenenti i mitili vengono legate allaventia in numero e distanza considerati adeguati. Terminato un campo, si passaa quello successivo e così via. La lavorazione così descritta continua finoalla completa pulizia degli impianti che, per dimensionamento e abbondanza diprodotto, può durare anche diversi mesi.Nel periodo invernale o primaverile,raggiunto il giusto grado di maturità del prodotto, si provvede al reinnestodel II° ciclo in reste con calze di rete a maglia e diametro maggiore.
RACCOLTA
La raccolta ed il caricamento dei mitili avviene permezzo di un nastrino ad azionamento idraulico che accompagna a bordo, per illoro stivaggio, le reste. L'operatore, tagliando a pezzi la calza e sfilando manualmente i grappoli di mitili, provvede ad reinserire i grappoli stessi in nuove calze per una susseguente fase di accrescimento. Sulla base dell'accrescimento ottenuto, anche in base alle condizioni climatiche e trofiche dell'area, potrà essere necessario provvedere ad un terzo diradamento al fine di far raggiungere la taglia di mercato di circa 6 centimetri, omogeneamente su tutta la resta raggiunta mediamente dopo circa 10 – 14 mesi di allevamento.
La raccolta finale, viene eseguita caricando a bordo il quantitativo di mitili ritenuto adeguato alla richiesta pervenuta. L'operazione di sgranatura viene svolta tramite apposito macchinario ad azionamento idraulico provvisto di sgranatrice rotante e vaglio vibrante calibrato. Le reste vengono tagliate a pezzi di circa 80 cm ed immesse nella sgranatrice. Le cozze, per mezzo di una azione disgregativa rotativa, vengono separate tra di loro e, dopo un potente lavaggio, convogliate sul vaglio vibrante che provvede aselezionarle per taglia. Il prodotto così ottenuto viene successivamente cernito con la rimozione di eventuali gusci vuoti e mitili sotto misura e confezionato, tramite appositi strumenti. I mitili sottomisura, scartati,vengono rimessi in vivaio per un ulteriore accrescimento e successiva commercializzazione. Materiali, attrezzature specifiche utilizzati per lapreparazione ed il condizionamento.L'impianto di mitilicoltura è costituito da concessioni demaniali rettangolari delimitate da boe perimetraliall'interno delle quali si trovano diversi filari, lunghi da 100 a 120 metri e distanziati tra loro di circa 8 metri. L'area della concessione è quindi quella corrispondente tra il primo e l'ultimo filare e viene calcolata in metri quadri. Di solito nel calcolo dell'area sono compresi anche gli ancoraggi e la distanza tra il loro posizionamento e l'inizio del filare. Ogni filare è costituito da una serie di galleggianti di materiale plastico in numero di 10 o11, provvisti di maniglie sulle quali sono legate le ventie,(due o tre, inrelazione al tipo di galleggiante) tramite corde sintetiche di polipropilene o poliestere lunghe mediamente 10 metri e con un diametro variabile compreso dai 20 ai 26 mm. Le corde sono poste orizzontalmente, in corrispondenza alla superficie del mare, e sono legate ai galleggianti tramite un nodo che, a seconda del tipo di galleggiante, può essere di tipo “parlato” o “dell'ancora”. Lo spazio compreso tra due barili viene chiamato campo. Agli estremi del filare, sulle maniglie esterne del primo e ultimo fusto (chiamati capo testa), vengono legate delle apposite cime a forma di V che servono a collegare ilfilare alla cima di ancoraggio. L'ancoraggio del filare al fondo marino avvieneper mezzo di due grossi blocchi di cemento (detti corpi morti) provvisti di apposito maniglione e una lunga corda di adeguato spessore ( 30-40 mm didiametro) che collega appunto il corpo morto al filare. Specifiche operazioni di tiro effettuate con opportuni mezzi idraulici, permettono dimettere in giusta tensione le corde di ancoraggio e le ventie del filare impedendo spostamenti laterali ed accavallamenti tra i filari stessi. Sulle ventie vengono appese le reste, calze tubolari in propilene di diametro e misura delle maglie diverse e dipendenti dalla taglia raggiunta da imitili. La distanza tra le reste è mediamente di 40 cm., condizionata dalla lunghezza e peso delle reste, dall'abbondanza di prodotto disponibile, dalle condizione trofiche e climatiche del periodo.
Territorio interessato alla produzione: Gli allevamenti dei mitili sonolocalizzati nei Comuni di Muggia, Trieste, Duino-Aurisina
La raccolta finale, viene eseguita caricando a bordo il quantitativo di mitili ritenuto adeguato alla richiesta pervenuta. L'operazione di sgranatura viene svolta tramite apposito macchinario ad azionamento idraulico provvisto di sgranatrice rotante e vaglio vibrante calibrato. Le reste vengono tagliate a pezzi di circa 80 cm ed immesse nella sgranatrice. Le cozze, per mezzo di una azione disgregativa rotativa, vengono separate tra di loro e, dopo un potente lavaggio, convogliate sul vaglio vibrante che provvede aselezionarle per taglia. Il prodotto così ottenuto viene successivamente cernito con la rimozione di eventuali gusci vuoti e mitili sotto misura e confezionato, tramite appositi strumenti. I mitili sottomisura, scartati,vengono rimessi in vivaio per un ulteriore accrescimento e successiva commercializzazione. Materiali, attrezzature specifiche utilizzati per lapreparazione ed il condizionamento.L'impianto di mitilicoltura è costituito da concessioni demaniali rettangolari delimitate da boe perimetraliall'interno delle quali si trovano diversi filari, lunghi da 100 a 120 metri e distanziati tra loro di circa 8 metri. L'area della concessione è quindi quella corrispondente tra il primo e l'ultimo filare e viene calcolata in metri quadri. Di solito nel calcolo dell'area sono compresi anche gli ancoraggi e la distanza tra il loro posizionamento e l'inizio del filare. Ogni filare è costituito da una serie di galleggianti di materiale plastico in numero di 10 o11, provvisti di maniglie sulle quali sono legate le ventie,(due o tre, inrelazione al tipo di galleggiante) tramite corde sintetiche di polipropilene o poliestere lunghe mediamente 10 metri e con un diametro variabile compreso dai 20 ai 26 mm. Le corde sono poste orizzontalmente, in corrispondenza alla superficie del mare, e sono legate ai galleggianti tramite un nodo che, a seconda del tipo di galleggiante, può essere di tipo “parlato” o “dell'ancora”. Lo spazio compreso tra due barili viene chiamato campo. Agli estremi del filare, sulle maniglie esterne del primo e ultimo fusto (chiamati capo testa), vengono legate delle apposite cime a forma di V che servono a collegare ilfilare alla cima di ancoraggio. L'ancoraggio del filare al fondo marino avvieneper mezzo di due grossi blocchi di cemento (detti corpi morti) provvisti di apposito maniglione e una lunga corda di adeguato spessore ( 30-40 mm didiametro) che collega appunto il corpo morto al filare. Specifiche operazioni di tiro effettuate con opportuni mezzi idraulici, permettono dimettere in giusta tensione le corde di ancoraggio e le ventie del filare impedendo spostamenti laterali ed accavallamenti tra i filari stessi. Sulle ventie vengono appese le reste, calze tubolari in propilene di diametro e misura delle maglie diverse e dipendenti dalla taglia raggiunta da imitili. La distanza tra le reste è mediamente di 40 cm., condizionata dalla lunghezza e peso delle reste, dall'abbondanza di prodotto disponibile, dalle condizione trofiche e climatiche del periodo.
Territorio interessato alla produzione: Gli allevamenti dei mitili sonolocalizzati nei Comuni di Muggia, Trieste, Duino-Aurisina
QUALITA'
Il “Pedocio de Trieste” all'atto dell'immissione al consumo deve rispondere, oltre alle comuni norme di qualità, alle seguenti caratteristiche:
- aspetto: la conchiglia ha l'epidermide liscia e nera su cui sono evidenti le linee di sviluppo del mitile stesso. La conchiglia deve inoltre essere priva di incrostazioni; l'interno è madreperlaceo ed il corpo presenta un mantello con l'orlo nero frangiato sotto il quale si distinguono quattro branchie lamellari ed il piede;
- dimensione: la conchiglia deve avere un minimo di 50 mm;
- sapore: delicato, di mare.
Segnala inesattezza
I PRODUTTORI (1)
Pescheria Paolo Grassilli
Via Carducci 32, 34125, Trieste (TS)
Via Carducci 32, 34125, Trieste (TS)