COLTIVAZIONE E CARATTERISTICHE
Detto anche fasol biso, o solferino, il gialèt è nella memoria storica della Val Belluna e la sua coltivazione è documentata dall'inizio del '900. Ma è solo una, anche se tra le più pregiate, delle varietà coltivate in questa zona, dalla quale, a partire dal 1530 circa, si diffusero i fagioli in Italia.La ragione per cui gli studiosi considerano queste valli la culla dei fagioli italiani è legata alla storia di un umanista e teologo bellunese, Giovanni Pierio Valeriano, che studiò e visse alla corte papale negli anni a cavallo tra il 1400 e il 1500. Di ritorno nelle sue terre, portò con sé alcuni fagioli regalati dal Papa Clemente VII e provenienti dal Sud America, con la promessa di avviarne la coltivazione. Da allora il fagiolo è diventato uno dei protagonisti della cucina dei ceti più poveri, permettendo alla popolazione di sopravvivere alle carestie cicliche e all’imperversare della pellagra. Il gialèt è sempre stato un fagiolo di pregio: era coltivato non tanto per il consumo delle famiglie contadine quanto per essere venduto al “padrone” o ai ceti più agiati: un tempo i commercianti di Padova, Verona e Bologna ne facevano incetta per venderlo in particolare al Vaticano. Il gialèt ha semi tondeggianti dalla colorazione giallo intenso con note verdoline. I semi hanno un ilo convesso e bianco. E' tenerissimo e la sua buccia è pressoché inconsistente dopo la cottura. Con l'ammollo (che deve durare 12 ore) e la cottura successiva (per almeno 40 minuti) , triplica le sue dimensioni poiché ha una capacità di imbibizione molto elevata e un’alta digeribilità, perde però in buona parte la colorazione.La coltivazione è ancora oggi manuale: la semina avviene a maggio, le piantine crescono sostenute a una pertica in legno oppure agli steli del mais, come un tempo, il raccolto si svolge a settembre. Proprio perché era un fagiolo “per i signori” non si tramandano particolari ricette contadine: poiché il sapore è molto delicato, è ottimo nelle minestre d’orzo o semplicemente lesso con un filo di olio extravergine e un poco di cipolla.
Fonte: slow food
COLTIVAZIONE E CARATTERISTICHE
Detto anche fasol biso, o solferino, il gialèt è nella memoria storica della Val Belluna e la sua coltivazione è documentata dall'inizio del '900. Ma è solo una, anche se tra le più pregiate, delle varietà coltivate in questa zona, dalla quale, a partire dal 1530 circa, si diffusero i fagioli in Italia.La ragione per cui gli studiosi considerano queste valli la culla dei fagioli italiani è legata alla storia di un umanista e teologo bellunese, Giovanni Pierio Valeriano, che studiò e visse alla corte papale negli anni a cavallo tra il 1400 e il 1500. Di ritorno nelle sue terre, portò con sé alcuni fagioli regalati dal Papa Clemente VII e provenienti dal Sud America, con la promessa di avviarne la coltivazione. Da allora il fagiolo è diventato uno dei protagonisti della cucina dei ceti più poveri, permettendo alla popolazione di sopravvivere alle carestie cicliche e all’imperversare della pellagra. Il gialèt è sempre stato un fagiolo di pregio: era coltivato non tanto per il consumo delle famiglie contadine quanto per essere venduto al “padrone” o ai ceti più agiati: un tempo i commercianti di Padova, Verona e Bologna ne facevano incetta per venderlo in particolare al Vaticano. Il gialèt ha semi tondeggianti dalla colorazione giallo intenso con note verdoline. I semi hanno un ilo convesso e bianco. E' tenerissimo e la sua buccia è pressoché inconsistente dopo la cottura.Con l'ammollo (che deve durare 12 ore) e la cottura successiva (per almeno 40 minuti) , triplica le sue dimensioni poiché ha una capacità di imbibizione molto elevata e un’alta digeribilità, perde però in buona parte la colorazione.La coltivazione è ancora oggi manuale: la semina avviene a maggio, le piantine crescono sostenute a una pertica in legno oppure agli steli del mais, come un tempo, il raccolto si svolge a settembre. Proprio perché era un fagiolo “per i signori” non si tramandano particolari ricette contadine: poiché il sapore è molto delicato, è ottimo nelle minestre d’orzo o semplicemente lesso con un filo di olio extravergine e un poco di cipolla.
Fonte: Slow Food
IL PRESIDIO
Oggi è il fagiolo gialèt è a rischio di erosione genetica poiché è coltivato solo da piccolissimi coltivatori nei paesi posti nella Val Belluna in destra e sinistra del fiume Piave che si tramandano il seme in ogni famiglia. Di recente si è costituito un consorzio che riunisce appasionati e agricoltori impegnati a riportare sul mercato questa varietà coltivando piccoli appezzamenti secondo le regole dell'agricoltura biologica, l'obiettivo è di arrivare entro pochi anni ad aumentare la produzione che in questo momento non supera i 20 quintali annui portando tutte le aziende del consorzio alla conversione in biologico. Al consorzio aderiscono una ventina di piccole aziende che praticano la vendita diretta, partecipano a mercatini locali oppure aderiscono a cooperative agricole.
Fonte: Slow Food
AREA DI PRODUZIONE STAGIONALITA'
Area di produzione
Val Belluna, in particolare i comuni di Feltre, Pedavena, Cesiomaggiore, Santa Giustina, San Gregorio nelle Alpi, Sospirolo, Sedico, Belluno, Seren del Grappa, Ponte nelle Alpi, Limana, Trichiana, Mel, Lentiai, Fonzaso, Sovramonte (provincia di Belluno)
Stagionalità
I gialèt sono disponibili essiccati tutto l'anno
I PRODUTTORI
LE RICETTE
Zuppa di orzo e fagioli gialet
http://sartidelgusto.blogspot.it/2010/11/i-nuovi-mostri-hostaria-la-finta-zuppa.html
APPROFONDIMENTI
Slow food
http://www.presidislowfood.it/ita/dettaglio.lasso?cod=448&id_regione=20&id_tipologia=&id_mese=&lista=si