STORIA
Nel Canavese, come in tutto il resto del Nord Italia ove la polenta era alimento della dieta giornaliera, sino agli anni cinquanta, era consuetudine da parte dei contadini seminare grandi superfici di mais per uso zootecnico e riservare una parcella del campo migliore dell'azienda per la semina della meliga per la polenta. La meliga perla polenta era il frutto di selezioni durate decenni, effettuate direttamente dai contadini allo scopo di ottenere un mais dalle qualità organolettiche eccellenti senza curarsi dell'aspetto produttivo, a differenza di quello ad uso zootecnico che doveva edeve tuttora soprattutto essere una varietà molto produttiva. Selezionarono l'Ottofile, Pignoletto, Ostenga il Marano e la Quarantina. Negli anni Sessanta e Settanta, la tradizione di consumare polenta era andata progressivamente perdendosi e, di pari passo, si era persa l'abitudine di seminare i mais tradizionali per la polenta. Si era anche perso il “gusto” della polenta tradizionale soppiantata da polente preparate con le varie farine industriali (bramate, semolate, ecc.) dai tempi di cottura più brevie di più facile reperimento ma dalle caratteristiche organolettiche piuttosto anonime.
A cavallo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, si è iniziato un paziente lavoro di ricerca degli ultimi contadini che ancora seminavano le varietà di meliga nostrana per polenta e, solo grazie all'intraprendenza di imprenditori appassionati, si è potuto salvare l'Ottofile l'Ostenga e la Pignoletto che erano veramente sull'orlo dell'estinzione.
Visto il progetto il Comune di Banchette ha accolto favorevolmente l'iniziativa e ha messo a disposizione dei cerealicoltori un fondo agricolo della superficie di circa 4 ettari la Provincia di Torino ha messo a disposizione i mezzi per la bonifica del terreno e la consulenza tecnico scientifica, abbiamo poi anche avuto l'apporto dell'unione agricoltori di Torino che ha messo a disposizione i suoi tecnici. Visto tutte le premesse nella primavera del 2005 siamo riusciti a partire con il progetto che rispetto alle premesse iniziali si è ampliato diventando un laboratorio di sperimentazionenon solo per il mais “Pignoletto Rosso” ma anche per altre iniziative come quella portata avanti sui cavoli e sui sovesci, il tutto eseguito rigorosamente con metodi biologici. Questo prodotto oggi fa parte degli antichi mais piemontesi e del paniere dei prodotti tipici della provincia di Torino.
COLTIVAZIONE
Il pignoletto è coltivato a Banchette su una superficie di 4 ettari in un'area circondata da boschi, questo è fondamentale per evitare l'impollinazione con altri mais ibridi, sul terreno sono praticate rotazioni culturali e sovesci (culture che non sono raccolte ma interrate per apportare sostanza organica al terreno) la semina del pignoletto è eseguita nel mese d'aprile con densità di seme molto bassa in modo di avere piante sane e robuste. Dopo circa 3 settimane dalla semina è effettuata una prima sarchiatura per estirpare le prime infestanti e a cadenza di 10 giorni altre due, vengono poi ancora fatte operazioni manuali contro le infestanti prima della rincalzatura finale.
La raccolta del pignoletto non è eseguita con trebbiatrici, (questo per poter garantire alta qualità al prodotto) ma è eseguita nel modo seguente:
a) Il pignoletto viene raccolto da macchine spannocchiatici che raccolgono la pannocchia intera e tramite rulli di gomma staccano le foglie che ricoprono la pannocchia stessa, in questa fase le parti della pannocchia non sane vengono tolte dai rulli di gomma (le parti non sane si staccano facilmente dal tutolo) e il tutto finisce in un cassone.
b) La seconda fase della raccolta prevede la cernita del prodotto, le pannocchie raccolte sono depositate su un rimorchio e a sua volta scaricate molto lentamente su di un nastro trasportatore con il fondo grigliato in modo da permettere ai chicchi che si sono staccati nella raccolta di essere scartati (parti non sane della pannocchia) nello stesso tempo avviene la cernita manuale che prevede lo scarto di quelle pannocchie che risultano visivamente non idonee e allo stesso tempo la selezione delle pannocchie da seme. Facendo mazzi e messi ad essiccare naturalmente.
c) Il nastro trasportatore porta il pignoletto in una macchina sgranatrice (macchina che era usata negli anni 50) che sgrana il prodotto e lo porta su un rimorchio, questa fase è molto importante perché bisogna fare in modo che durante la sgranatura non vengano rotti i chicchi questo per non avere attacchi di muffe al prodotto (le microtossine) in questa fase il prodotta ha circa il 25% di umidità
d) Altra fase importantissima per la qualità del prodotto e l'essiccazione. Il prodotto va essiccato immediatamente (sempre per evitare il formarsi di muffe) noi eseguiamo l'essiccazione statica in modo da evitare rotture di chicchi e con caldaia a metano per non inquinare il prodotto, l'essiccazione viene eseguita a bassa temperatura in modo da non alterare gli aromi del prodotto.
e) Finita l'essiccazione che dura circa 12 ore il prodotto viene pulito tramite filtri e aspiratori in modo che il prodotto immagazzinato non vada a contatto con impurità.
f) Finita la pulitura, il prodotto viene portato al mulino che prima di passarlo alla macina esegue una ulteriore pulitura (molto accurata) in modo che alla macina vada un prodotto di alta qualità. La macinatura è eseguita con mulino a pietra. La pietra naturale in un solo passaggio il prodotto da chicco diventa farina, senza avere alterazioni di calore. I mulini moderni riescono a fare la farina più uniforme che quella macinata a pietra naturale, questo per effetto di passaggi, di forti setacciature. Però qualitativamente il prodotto è inferiore perché perde. Più un prodotto lo separiamo, e più a livello di gusti e di profumi ne risente, ne perde. Invece a pietra naturale tutto questo non avviene. La pietra se è ben martellata fa un quintale e mezzo, circa 150 kg l'ora di farina. Mentre oggi ci sono mulini che riescono a fare anche 1000 q l'ora. Questol a dice lunga sul discorso che facevamo prima, sulla temperatura e sulla delicatezza dell'intervento. La farina quando esce da questi grossi impianti per la forte accelerazione di velocità e quantità è calda. A parte i rulli che macinano queste farine, che raggiungono 80-90°. Addirittura grossi impianti mettono il raffreddamento ad acqua dentro i rulli.
g) Dopo questa fase il prodotto viene impacchettato in confezioni di cellofan in modo che non prenda umidità.
FONTI
Immagini e informazioni prese da http://www.pignolettorosso.it/
I PRODUTTORI
Peraga
Nazionale 9, 10010, Mercenasco (TO)
LE RICETTE
Polentina dolce
http://pentoledicristallo.blogspot.com/2011/10/polentina-dolce-con-farina-del.html