Zafferano di Citta'' della Pieve

Zafferano di Citta'' della Pieve
INTRODUZIONE
Lo zafferano si ricava da una pianta (Crocus sativus) della famiglia delle Iridaceae coltivata in Asia minore ed in molti paesi del bacino del Mediterraneo. In Italia le colture più estese si trovano nelle Marche, in Abruzzo ed in Sardegna; altre zone di coltivazione degne di nota si trovano in Umbria ed in Toscana. Dallo stimma trifido del croco si ricava la spezia utilizzata in cucina e in alcuni preparati medicinali. Gli stimmi rossi sono l’unica parte della pianta ad essere utilizzata e commercializzata.La pianta, originaria dell'Asia Minore, fu impiegata fin dall'antichità per uso tintorio, farmacologico, cosmetico e gastronomico. Le sue proprietà erano note agli Egizi, come conferma il Papiro di Ebers del 1550 a.C., ma anche in ambito cretese-miceneo, tanto che il fiore del croco, da cui si ricava lo zafferano, è raffigurato sulle pareti del Palazzo di Cnosso. Conosciuto anche in India, è citato nei più antichi testi ed ancora usato dai monaci buddisti per tingere le loro vesti. I Greci ("krokos") e, successivamente, i Romani chiamarono la pianta "croco". Omero, nell'Iliade, indica il croco, assieme al loto ed al giacinto, tra i fiori del letto di nuvole di Zeus, re dell'Olimpo. Il medico greco Ippocrate loda le sue facoltà farmacologiche raccomandandolo contro i reumatismi, la gotta e il mal di denti. Galeno, addirittura, lo prescrive contro tutti i mali. I Romani lo utilizzarono soprattutto in cucina: famose le ricette di Apicio con salse a base di croco per condire il pesce. Gli Arabi lo diffusero in Spagna, che ancora oggi è la più grande produttrice di questa pianta. Si deve sempre agli Arabi il mutamento, nel corso del Medioevo, del nome: da croco a zafferano. La parola deriva dal persiano "sahafaran", da "asfar" (= giallo), passato nell'arabo "za'faran" e quindi nello spagnolo "azafran". Il giallo si riferisce al colore assunto dallo zafferano dopo la diluizione in acqua o la cottura.Fu la più ricercata tra le spezie, in Occidente, fino a tutto il secolo XVI.
STORIA
Che lo zafferano fosse prodotto in Umbria, nel comprensorio di Castel della Pieve, è testimoniato dallo Statuto di Perugia del 1279, in cui si vietava nel contado perugino la semina della pianta, citata come grocum, ai forestieri. Negli Statuti della Gabella di Castel della Pieve del 1537 è citata la raccolta dello zafferano. Vi era infatti precisato che i produttori pievesi dovessero denunciare al Comune, entro l’8 novembre, il quantitativo di zafferano prodotto e, conseguentemente, pagare la relativa imposta (“Item che omni persona che ricogliessi zaffarano nel distrecto di Castel della pieve paghi per ciaschuna libra soldi dui et da indi in giu et da indi in su per rata, et che omni persona sia tenuto ad signare il zaffarano che ricogliessi per termine de octo di di novembre et sia creso al giuramento di quello che havessi richolto, et chi non ladsignassi al dicto termine paghi per ciaschuna libra soldi vinti, et da indi in giu et da indi in su per rata, et chi adsignassi in giuramento et non adsignassi dirictamente et fussosi provato in contrario paghi di pena libre cinque di facto et omni persona possa essere accusatore et habia la terza parte della pena la terza del podesta et il terzo del gabelliere et allo accusatore sia tenuto credentia”...“Zaffarano, per libra soldo uno et denari tre“). Erano inoltre previste multe per coloro che non avessero denunciato correttamente il raccolto e si invitava chiunque alla delazione sotto lauto compenso. Negli Statuti del Danno Dato, sempre del 1537, risultano elencati minuziosamente tutti i possibili danneggiamenti ai campi di zafferano da parte di individui o di animali ed i relativi risarcimenti dovuti al proprietario (“Item statuiro et ordinaro che qualunche persona dessi danno in zaffarano d'altri attraversando calpestando cogliendo fiori di esso zaffarano ò vero cavando cipolle o togliendo cavata di possessioni d'altri paghi di pena per ciascuna volta di di soldi cinquanta, et di notte si raddoppi la pena, et paghi il danno al patrone, et chi dessi danno con bestie grosse attraversando, calpestando ò vero pasturando in zaffarano paghi di pena ciascuna volta et per ciascuna bestia grossa soldi vinti, et di notte si raddoppi la pena et per capra soldi dui di di, et per pechora soldi uno, et per ciascuna ocha denari sei et per pollo denari quattro di di, et di notte si raddoppi la pena, et il porco s'intenda per bestia grossa, ciò è cavando cavugliando et mangiando cipolle di esso zaffarano, ma non cavando et attraversando s'intenda per bestia minuta, et di tutto paghi il danno al patrone et ognuno ne possi essere l'accusatore, et habbi la quarta parte de la pena”). Nello Statuto della Gabella del 1539 era riportata la tassazione per coloro che avessero inteso vendere o comprare zafferano nel mercato di Castel della Pieve. La produzione di zafferano era, a quei tempi, molto importante per l’economia della città: gli stimmi della pianta erano infatti utilizzati per la tintura dei tessuti e Castel della Pieve era un importante centro di produzione del panno fin dal secolo XIII. Soprattutto in Italia, con lo sviluppo della civiltà mercantile del secolo XIII, lo zafferano fu coltivato e commerciato come pianta tintoria, in particolare per colorare panni di lana, seta, lino e fu usato anche nella pittura. Nel Medioevo continuò comunque anche l'uso farmacologico, come antispasmodico e sedativo, contro i dolori mestruali e dentali, l'insonnia, l'isteria. Fu, inoltre, ritenuto importante per la salute di stomaco, milza, fegato, cuore. Si pensò perfino che favorisse il parto, ritardasse la vecchiaia e aumentasse le capacità amatorie. Di conseguenza, oltre che in svariati liquori, nei profumi e nei cosmetici, lo zafferano ebbe largo impiego, tra Medioevo e Rinascimento, anche in cucina. Fu quindi considerata la regina delle spezie prima della scoperta dell'America. Negli anni ‘80 l’agronomo Alberto Viganò impiantò, nelle sue proprietà situate in territorio pievese, alcuni pregiati bulbi di zafferano provenienti da Valencia. Da questa ebbero vita altre piccole coltivazioni, ad opera di altri coltivatori pievesi, che rinverdirono la tradizione centenaria del borgo circa la coltivazione del croco.  Nel giugno 2003, con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale di Città della Pieve, della Comunità Montana "Monti del Trasimeno" e della Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia, affiancate da altri soggetti quali Gal Trasimeno Orvietano, Slow Food – Condotta Trasimeno ed associazioni di categoria, nasce il "Consorzio Alberto Viganò” per la tutela del “Croco di Pietro Perugino – Zafferano purissimo in fili di Città della Pieve”. Il nome particolare del prodotto pievese viene dall’abbinamento con Pietro di Cristoforo Vannucci, detto “Il Perugino” (1450 circa – 1523), uno dei grandi maestri della pittura del Rinascimento Italiano, nativo proprio di Città della Pieve.Il Consorzio è costituito, ad oggi, da 21 soci (le cui aziende ricadono nella zona di produzione che comprende i terreni posti da 300 a 600 metri slm) nei comuni di Città della Pieve, Paciano, Panicale, Piegaro, Castiglione del Lago (limitatamente al settore meridionale), Monteleone d’Orvieto e Montegabbione e si propone di distinguere, tutelare e promuovere la produzione ed il commercio del “Croco del Perugino” salvaguardandone la tipicità e le caratteristiche peculiari. Al disciplinare di produzione devono attenersi rigorosamente i produttori per potere utilizzare il marchio del Consorzio. Esso determina le pratiche colturali e di produzione, con particolare attenzione a tecniche agronomiche eco-compatibili, le caratteristiche del prodotto e le norme di confezionamento.   Una spezia così affascinante, e dal fiore così bello… violetto, dagli stimmi di un rosso infuocato, non poteva non colpire l’animo, nel corso di secoli, di poeti quali l’Ariosto, Tasso, Pascoli, D’Annunzio, Montale.
SCHEDA BOTANICA
La pianta, una iridacea appartenente al genere Crocus di cui fanno parte circa 80 specie, è costituita da un bulbo del diametro di circa 5 cm. La spezia prodotta dal Crocus sativus contiene circa 150 sostanze aromatiche volatili. Inoltre lo zafferano è uno degli alimenti più ricchi di carotenoidi: contiene infatti sostanze come la Zeaxantina, il Licopene e molti alfa-beta caroteni. Il colore giallo-oro, che la spezia conferisce alle pietanze, è dovuto alla presenza dell'α-crocina. La presenza del glucosio conferisce alla crocina la proprietà di essere un composto idrosolubile; allo stesso tempo la presenza della crocetina, rende la crocina un composto idrofobico, quindi solubile nei grassi. Lo zafferano inoltre contiene le vitamine A, B1 e B2.Il bulbo contiene circa 20 gemme indifferenziate dalle quali si originano tutti gli organi della pianta; in genere però sono solo 3 le gemme principali, che daranno origine ai fiori ed alle foglie, mentre le altre, più piccole, produrranno solo bulbi secondari. La pianta entra in stasi vegetativa nel periodo estivo compreso tra giugno e settembre. All’inizio di ottobre dal bulbo si originano 2 o 3 getti, rivestiti da un rigido strato di tuniche bianche, da cui fuoriescono dei mazzetti di circa 10 foglie. Alla fine del mese, tra le foglie, spuntano i primi fiori. L'attività vegetativa rallenta durante l'inverno per poi riprendere alla fine di marzo, quando la pianta genera i nuovi bulbi. Da maggio le foglie cominciano gradatamente ad essiccarsi; a giugno i nuovi bulbi entrano in stasi vegetativa.Il fiore dello zafferano è formato da 6 petali di colore violetto intenso. La parte maschile è costituita da 3 antere gialle su cui è il polline. La parte femminile è formata da ovario, stilo e stimmi. Dall'ovario, collocato alla base del bulbo, si origina un lungo stelo di colore giallo che, dopo aver percorso tutto il getto, raggiunge la base del fiore: qui si divide in 3 lunghi stimmi di colore rosso intenso. Le foglie del Crocus sativus sono molto strette ed allungate: in genere raggiungono la lunghezza di 30/35 cm, mentre non superano mai la larghezza di 5 mm. La sua struttura genetica lo rende incapace di generare semi fertili, per questo motivo la sua riproduzione è possibile solo per clonazione del bulbo madre e la sua diffusione è strettamente legata all'opera dell'uomo.Il croco si adatta molto bene a climi caratterizzati da piovosità non eccessiva e sopporta neve e temperature invernali, anche inferiori allo zero termico, iniziando a soffrire soltanto se la temperatura supera i 12° sotto lo zero. Ottimamente tollerate, invece, sono le alte temperature, soprattutto perché nel periodo estivo il bulbo del croco è in fase di quiescenza
TECNICHE DI COLTIVAZIONE
Tecnica di coltura annualeConsiste nel prelevare dal terreno, con l'utilizzo di piccole zappe, i bulbi al termine di ogni ciclo vegetativo, quindi in estate, per poi rimetterli a dimora in un appezzamento di terreno differente da quello precedente. Questa tecnica è la più laboriosa ed impegnativa dal punto di vista del lavoro umano ma consente di ottenere una migliore qualità della spezia e da la possibilità al coltivatore di poter controllare ogni anno lo stato di salute dei propri bulbi. La richiesta di manodopera ha un impatto notevole sul costo di questo tipo di coltivazione perché le procedure di lavorazione non sono meccanizzabili. Soltanto la lavorazione del terreno può essere svolta grazie all'utilizzo di macchine; tutte le altre fasi, dal prelievo alla messa in dimora dei bulbi, avvengono manualmente. In Luglio o i Agosto n i bulbi sono raccolti dal terreno e, nella stessa giornata, si procede alla loro mondatura, un processo che consiste nell'eliminazione della tunica del bulbo vecchio e nell'eliminazione dei bulbi troppo piccoli per essere utilizzati nella nuova coltivazione. I bulbi così preparati saranno reimpiantati pochi giorni dopo. Questa tecnica è adottata nelle colture italiane dell'Abruzzo, della Toscana e dell'Umbria. All'estero non viene praticamente utilizzata. I suoi vantaggi sono la rotazione della coltura (che dona maggiori risorse alla pianta, per cui si ricavano stimmi molto più lunghi e pregiati), il controllo delle erbe infestanti e dei parassiti (in quanto si ha la possibilità di verificare la presenza di piante malate o di parassiti, oltre ad eventuali piante infestanti, che verranno eliminate manualmente), la migliore preparazione del terreno (preparato e scelto in base ai requisiti della pianta. Nella primavera precedente alla messa in dimora dei bulbi il terreno è preparato con una aratura di 30 cm. di profondità. Contemporaneamente all'aratura si concima il terreno con letame bovino), la migliore distribuzione dei bulbi (ogni anno i bulbi possono essere correttamente ridistribuiti nel terreno. In genere la piantagione tipo è composta da solchi profondi circa 15/20cm. ed i bulbi vengono posti alla base del solco alla distanza di 1 cm. l'uno dall'altro. Ogni solco è distante dall'altro almeno 30 cm. ed esistono solchi “di servizio” allo scopo di consentire il passaggio dei coltivatori e, soprattutto, permettere un valido incanalamento per il deflusso delle acque piovane. Gli svantaggi della coltura annuale sono l'eccessiva richiesta di manodopera (tale coltura richiede infatti molto lavoro umano nel periodo tra luglio ed agosto) e, conseguentemente, il prezzo della spezia ottenuta risulta più elevato.Tecnica di coltura poliennaleE' il metodo più utilizzato dai paesi produttori di zafferano e prevede che i bulbi vengano prelevati dal terreno ogni determinato periodo di anni. La pianta quindi rimane nella stessa piantagione per più anni di seguito (in Sardegna per 4 anni, in Grecia per 7 anni). Le tecniche di preparazione del terreno sono le stesse che nella coltivazione annuale, l'unica differenza è nel posizionamento dei bulbi all'interno del solco: questi, infatti, sono posti ad una distanza di circa 12 cm. per lasciare lo spazio ai nuovi bulbi che si formeranno nel corso degli anni. Il vantaggio della coltura poliennale consiste nel minor costo di gestione e manodopera (il terreno per il reimpianto viene preparato minimo ogni 4 anni e non è necessario avere la disponibilità di molto terreno). Gli svantaggi si riducono al fatto che la pianta ha minori risorse (nonostante una buona concimazione la pianta avrà ogni anno meno risorse dal terreno e darà una qualità inferiore rispetto a quella proveniente da una coltivazione annuale) ed al pericolo dei parassiti (il cui controllo è più complicato. Il bulbo dello zafferano è molto sensibile all'azione dei funghi parassiti in quanto non riesce a generare fiori e appassisce in breve tempo. Un altro pericolo per le coltivazioni di zafferano è rappresentato dagli animali selvatici che si nutrono del bulbo come il topo, il ratto, l'istrice e il cinghiale).
UTILIZZO DELLO ZAFFERANO
In Italia centrale fu, ed è, usato come base per salse con cui condire carni di capretto, piccione, pollo o pesci quali lucci e tinche, ma anche per colorare ed insaporire minestre, frittate, formaggi, biscotti.Un tempo, allo zafferano, di cui si utilizza esclusivamente la "polvere" ricavata dagli stimmi, venivano attribuite proprietà antispastiche, antidolorifiche e sedative. Con le moderne tecniche di analisi, tuttavia, sono stati trovati nel croco composti abortivi e l'uso di 20 grammi al giorno di zafferano può addirittura risultare mortale, ragione per cui tutte le precedenti indicazioni terapeutiche sono decadute. L'uso dello zafferano può provocare anche effetti collaterali quali: vertigini, torpore e manifestazioni emorragiche (con riduzione del numero delle piastrine e della protrombina). Attualmente lo zafferano viene utilizzato solamente dall'industria alimentare ed in gastronomia, come spezia o come colorante, anche se è ricco di carotenoidi che riducono i danni cellulari provocati dai radicali liberi. Uno dei suoi utilizzi più conosciuti, nella cucina italiana, è nel “risotto alla milanese”, noto appunto per la colorazione che lo zafferano dà alla pietanza.
Jajo
Inserito da Jajo - VIAGGI, CUCINA E... IO
03/08/2011 09:56:05

I PRODUTTORI

Azienda Agrituristica Melagrani
Azienda Agrituristica Melagrani
Via Guidonami 16, 06060, Castiglione del Lago (PG)
Consorzio Il Croco del Perugino
Consorzio Il Croco del Perugino
Via Vittorio Veneto 1, 06062, Citta' della Pieve (PG)
Il Fontanaro - Azienda Agricola Agrituristica Eco-Biologica
Il Fontanaro - Azienda Agricola Agrituristica Eco-Biologica
Vocabolo Montanaro 64, 06060, Paciano (PG)

LE RICETTE

http://www.abbuffone.it/?p=301
http://unafinestradifronte.blogspot.com/2010/05/cartocci-di-calamarata-allo-zafferano.html
http://www.lamoraromagnola.it/polpette-di-pesce-allo-zafferano.html
http://laapplepiedimarypie.blogspot.it/2011/11/raviolone-di-mare.html

APPROFONDIMENTI

http://www.cittadellapieve.org/zafferano4.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Crocus_sativus
http://www.zafferanodicittadellapieve.it/
http://www.melagrani.it/